Alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile. Tra le ragioni, come si legge del rapporto McKinsey Italia, l’ancora troppo sporadico e poco riuscito dialogo tra scuola e lavoro, il mancato incontro tra i fabbisogni delle imprese e le competenze dei giovani in cerca di lavoro.
I soggetti coinvolti – studenti, università, aziende – sono pertanto i cardini intorno ai quali può costruirsi un nuovo paradigma di occupabilità, di cambiamento e di ripresa.
Gli studenti, noi, i protagonisti principali del triangolo. Siamo tutti qui, sui banchi delle nostre facoltà, ad ascoltare lezioni convinti di ricevere, in cambio di presenza, le chiavi del nostro futuro. Abbiamo in mente, tutti, solo un obiettivo: superare gli esami, diventare Dottori, diventare qualcuno. Di “essere” grandi, “essere” capaci, “essere” competenti, non sembra interessarci.
Davanti a noi l’università, strutturata per dare insegnamenti e nozioni, maestosa, a cui dare del Lei.
Infine, le aziende, costrette a districarsi tra i cavilli burocratici e insoluti, ad affrontare un ricambio generazionale e tecnologico che non sempre le vede pronte, avvezze a linguaggi e bisogni così distanti dai manuali accademici di economia.
Come aiutare il dialogo tra noi tre, tra ogni singolo studente, la sua università e il lavoro?
La risposta non esiste ma ci sono almeno tre comportamenti, che insieme possono fare una buona pratica.
Noi giovani possiamo recuperare dai nostri genitori valori importanti quali l’umiltà, lo spirito di sacrificio, il senso del dovere e la voglia di fare. Questo significa che ogni lavoro merita rispetto e attenzione. Che ogni lavoro può essere svolto con professionalità e a diversi livelli. Che il successo e la riuscita non è dipesa dal tipo di lavoro ma dal metodo, dalla dedizione e dalla passione con cui si svolge. Che non esistono scuole, lavori, persone di serie A e di serie B. Esistono piuttosto, nelle imprese italiane e in quasi tutte le nostre famiglie, storie personali da cui imparare che crescere è forse il miglior modo per arrivare alla vetta.
Le aziende, i nostri interlocutori, cercano ma non trovano figure adeguate alle posizioni vacanti, lamentando disallineamento tra competenze richieste e competenze reperite. Le imprese desiderano conoscere di persona i laureandi per ascoltarli e condividere con loro obiettivi e percorsi, cioè opportunità di lavoro per noi giovani e opportunità di crescita e innovazione per loro. Le aziende potrebbero aprirsi davvero alla scuola, ospitando i giovani, facendo visitare loro le proprie strutture, praticando con loro la lingua delle competenze condivise.
L’università, infine, può e deve cambiare, iniziando a collaborare in modo stretto con le aziende, attraverso un “Career Office” che non sia solo un centro di raccolta cv, ma che svolga attività di matching vero e proprio. Questo può avvenire solo se l’università conosce i propri studenti e li affianca nel loro progetto di crescita professionale. I professori in questo senso svolgono un ruolo fondamentale, infatti sono loro che hanno il contatto diretto con i laureandi, diventando così dei punti di riferimento.
L’incontro di competenze di cui parliamo è innanzitutto un incontro di persone, di storie e di talenti. Per orientare questo matching ci vuole conoscenza, valore e apprezzamento.
Le aziende avrebbero così l’opportunità di coltivare i propri futuri employees a distanza monitorando la crescita e lo sviluppo accademico di quest’ultimi. Inoltre potrebbe indirizzare l’università in scelte formative differenti in base alle esigenze riscontrate sul mercato.
Per gli studenti i vantaggi sarebbe innumerevoli e forse, finalmente, si potrebbe parlare di ripresa dell’occupazione giovanile.
La buona prassi raccontata, per una felice coincidenza di circostanze favorevoli – alcune imprese disponibili al dialogo, un insegnamento come il diritto del lavoro propenso a valorizzare competenze e formazione delle persone – si è pienamente realizzata. #DirLav2013, l’hashtag che abbiamo scelto per affacciarsi al mondo, è per noi la prova che una nuova università è possibile.
Marcello Puorro
Studente Economia aziendale
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
@MarcelloPuorro